PAMELA “GENTE CHE LOTTA DENTRO E FUORI DAL RING.”
Pamela Malvina Noutcho Sawa è nata in Camerun nel 1992 e vive in Italia dal 2000, prima Perugia poi Sassuolo e infine Bologna dove ha conseguito la laurea in Infermieristica nel 2014.
Pamela tuttora viene vista attraverso la narrazione dilagante e mainstream come un’infermiera che pratica la boxe, reiterando uno stereotipo sessista che reputa insolito e sorprendente la combinazione di queste attitudini. E’ ancora difficile da concepire la convivenza tra lavoro di cura e una pratica sportiva prettamente fisica come questo sport, come se ciò debba necessariamente risultare di rottura e controcorrente.
Penso alla condizione pandemica del momento che ha agito come liquido di contrasto, urgente si pone la crisi globale che ha investito il concetto di cura, di cui occorre rifondare il senso e la pratica, svincolando da stigmi di genere.
Le chiedo il motivo di certe visioni e valutazioni monolitiche del reale che cartesianamente dividono et imperano, e come mai si è avvicinata a questa disciplina.
“La boxe è visto ancora come uno sport violento, praticato da persone emarginate che non hanno niente da perdere, come sfogo, come metodo di recupero per quelli che provengono da realtà difficili. Stupisce il fatto che chi la pratica poi si possa anche prendere cura delle persone.
Ho sempre desiderato aiutare il prossimo e dopo la laurea ho coronato il mio sogno lavorando per l’Ospedale Maggiore di Bologna.
Praticare questa disciplina mi ha aiutato ad affrontare molte cose del mio quotidiano: la boxe, essendo uno sport che richiede concentrazione e coraggio, mi aiuta a dimenticare ed a mettere da parte le difficoltà riscontrate sul lavoro. Sono due cose che combaciano perfettamente e sono profondamente intrecciate. Durante il lockdown mi sono allenata da remoto e questa condizione non ha fatto altro che aumentare i miei stimoli.
Ho iniziato quasi per caso durante un tirocinio al Centro Beltrame qui a Bologna, luogo d’accoglienza per persone senza fissa dimora, li c’era una palestra in cui avevano organizzato un corso di boxe e dopo aver visto coi guantoni Yang Yo-Seob, cantante coreano e mio idolo, ho deciso di provarci. Nel 2018 ho avuto la fortuna di incontrare il mio attuale allenatore Alessandro Danè e Franco Palmieri, entrambi ex pugili, e la Bolognina Boxe con cui ho iniziato un percorso che mi porterà ad entrare nei Professionisti nel 2022. Ho il sogno delle Olimpiadi ma al momento senza cittadinanza non ci posso nemmeno provare.”
Con la vittoria nel 2020 ai Campionati Italiani Elite nella categoria 64 kg, sconfiggendo in finale Simona Monteverdi, hai avuto modo di rivendicare uno spazio di azione.
Donna, giovane, infermiera, pugile, Italiana ma non riconosciuta come tale a causa di fattori che non dipendono dalle doti atletiche. Senza la cittadinanza giuridicamente non si esiste. Si giunge così al paradosso insperato, al fallimento giuridico e sociale, entro le cui barriere si consuma la mancata possibilità di incontro, sportivo e non. Il mancato riconoscimento giuridico restringe le possibilità di crescita.
“Per molti la cittadinanza è il lasciapassare che permette di fare il passo in più, gareggiare a livello internazionale. Lo sport per sua natura ti spinge a sfidare i tuoi limiti per riuscire a migliorarti sempre di più. Non poter combattere ad eventi come gli Europei, i Mondiale o le Olimpiadi è frustrante anche dal punto di vista personale perché non hai potere d’azione, dipendi da tempistiche giuridiche.
Si fatica a capire a che livello sei del tuo percorso di crescita atletica se rimani confinato nel tuo paese. Fin da piccola ho dovuto rinunciare a gite scolastiche in paesi come l’Inghilterra e anche adesso questa situazione mi limita nella mia carriera sportiva. Dopo aver vinto in Italia mi piacerebbe incontrare altre realtà. La cittadinanza lo sento come un diritto perché io mi sento Italiana e vivo qui dal 2000.
Magari quando questa arriverà sarò già allenatrice.”
Con quali strumenti firmare l’emancipazione e rivendicare questi diritti, il mancato riconoscimento ha toccato anche altri atleti di seconda generazione che scoraggiati dalla complessità e dalla lentezza delle pratiche hanno smesso di gareggiare. Sportivi con un trascorso di migrazione alle spalle come Tyson Alaoma, pugile campione Italiano Youth 81 kg, nato ad Avellino, da genitori Nigeriani, o come Sirine Charaabi, promessa del pugilato, nata in Tunisia e residente in provincia di Caserta, prima campionessa Italiana poi Europea, ragazzi che hanno dovuto aspettare tanto per ottenere la cittadinanza, altri invece hanno smesso di gareggiare perché scoraggiati dalla complessità e dalla lentezza delle pratiche, limitando di fatto il libero accesso ad opportunità e tutele, rinnovando il tragico slogan “Prima gli Italiani”.
Come rivendicare visibilità e supportare lotte trasversali che coinvolgono tutti?
“Occorrerebbe un movimento di sensibilizzazione di massa, non solo nello sport ma anche per le persone che incontri ogni giorno, a quelli che dicono non esistono neri Italiani. Trovo assurdo ritenere solo alcuni meritevoli della cittadinanza in virtù di qualità che siano sportive, canore o artistiche che possono rendere onore e fama all’Italia, indossandone i colori, gareggiando come rappresentante talentuoso del Paese, venire considerati come merce. Lo sport arriva a toccare il cuore di molti ed a mobilitare le persone ma non penso basti. Spesso basta essere un calciatore famoso e guadagnare tanti soldi per venire considerato Italiano.
Non dovrebbero essere così, a prescindere che combatta sul quadrato o il Covid in corsia .
E’frustrante vedere persone che magari hai battuto sul ring riuscire dove io non riesco per un pezzo di carta. Per ora vivo alla giornata ma ammetto che la situazione è pesante. Mi alleno sei giorni alla settimana e non sento la fatica anche se c’è.Io mi sento Italiana, non c’è altra cultura o altro paese che conosca meglio di questo, e voglio essere riconosciuta come tale, perché la mia vita si svolge qui. Al momento non ho alternative. ”
Pamela è stata invitata a un ciclo di allenamenti nel centro nazionale federale di Santa Maria degli Angeli ad Assisi, un piccolo assaggio di quello che potrebbe essere la normalità.
L’associazione Figurine Forever ha creato una figurina a Lei dedicata, i cui proventi andranno a sostenere le iniziative della Bolognina Boxe. Orgoglio prima di un quartiere e poi di una città con una grande tradizione sportiva.
Il 27 Maggio del 2022 c’è stato l’esordio da Pro con la vittoria Ksenjia Medic.
Bisogna ripartire da qui, dalla consapevolezza del privilegio dello status quo di cui solo alcuni godono, dal sovvertimento della meritocrazia che ferisce.
Ripartire da qui, dentro e fuori dal ring perché :
“La cittadinanza non è una questione di merito, ma una questione di diritto”
Testo Ivana Damiano Matteo Bergami
Foto Matteo Bergami









